«Io non ho né la sapientia cordis di papa Giovanni e neanche la preparazione e la cultura di papa Paolo, però sono al loro posto, devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere.»
(Papa Giovanni Paolo I)
Il regno di papa Luciani sulla cattedra di Pietro fu brevissimo, durò appena 33 giorni.
L’elezione
La sua elezione sarebbe stata proposta dall’arcivescovo di Firenze, cardinale Giovanni Benelli, quale mediazione tra diverse posizioni, tra le quali quella più conservatrice della Curia, che sosteneva l’arcivescovo di Genova, cardinale Giuseppe Siri, il “grande centro montiniano” sostenitore delle riforme del Concilio Vaticano II, e quella ancora più progressista, che sosteneva i cardinali Sergio Pignedoli e Sebastiano Baggio. Ricevette alcuni voti anche il cardinale Karol Wojtyla, poi papa Giovanni Paolo II, la cui candidatura fu presentata da quei cardinali che auspicavano un’apertura internazionalista del Vaticano. Luciani, tuttavia, chiese sempre di non essere preso in considerazione e, anzi, fu proprio lui a parlare per primo di un papa straniero.
Egli infatti aveva sempre votato per il cardinale Aloísio Lorscheider, un francescano che aveva conosciuto in Brasile e che invece fu tra i più accesi sostenitori di Luciani, soprattutto perché non dimenticò mai quella visita in Brasile. A ogni modo, il conclave fu rapidissimo e si concluse dopo sole quattro votazioni, avvenute nella stessa giornata: alle 19:18 del 26 agosto 1978 si aprirono le vetrate della loggia centrale delle Basilica Vaticana, passarono solo ventisei ore e mezzo dalla chiusura delle porte del Conclave e già il nuovo papa era stato eletto. Subito dopo comparve il grande drappo rosso con lo stemma papale e poi il cardinale Pericle Felici, protodiacono, annunciò l’Habemus Papam. Luciani fu eletto 263º successore di Pietro con un’amplissima maggioranza (101 voti tra i 111 cardinali, il quorum più alto nei conclavi del Novecento).
Lo stupore della folla in piazza fu grandissimo poiché la fumata, probabilmente per un errore del cardinale fochista, fu inizialmente grigio chiara per poi diventare nera. La situazione di incertezza durò fino all’annuncio della Radio Vaticana e alla contemporanea apertura della loggia (solo nel conclave del 2005 verranno introdotte, dopo la fumata, le campane a festa). Appena eletto avrebbe voluto parlare alla folla, ma il cerimoniere glielo impedì, obiettando che non era nella tradizione. Papa Giovanni Paolo II, cinquanta giorni dopo, avrebbe invece infranto il cerimoniale e rivolto un saluto alla folla, oltre alla tradizionale benedizione Urbi et Orbi.
Fu questo il primo segnale di cambiamento che Luciani, seppur per breve tempo, avrebbe cominciato nella Chiesa. Inoltre, al momento della sua elezione, L’Osservatore Romano mandò in stampa l’edizione straordinaria dell’elezione del nuovo papa con un errore (Albinum Luciani qui sibi *nominem imposuit Ioannem Paulum I), che rese le copie di quel giornale un pezzo molto raro, equiparabile al famoso francobollo Gronchi rosa; nelle poche ore successive, infatti, corressero immediatamente l’errore ritirando il precedente quotidiano e rimettendo in emissione la seconda edizione correggendo l’errato “nominem” con il corretto “nomen”, poiché il termine latino è neutro.
Si disse che Luciani fu eletto più per “ciò che non era” che per “ciò che era”: non era un conoscitore della Curia (il che, secondo alcuni, avrebbe potuto fargli assumere un comando autocratico e accentrato); nonostante la sua notevole cultura non era un altero intellettuale potenzialmente capace di mettere in difficoltà i porporati; non era nemmeno uno straniero, ciò che per i cardinali italiani avrebbe potuto costituire una sicurezza. Il Patriarca non si aspettava minimamente la sua elezione al soglio di Pietro. Il giorno stesso dell’entrata in conclave, andò a sollecitare il meccanico perché aggiustasse in fretta la sua vecchia auto, che si era rotta alle porte di Roma: “Mi raccomando, fate il più presto possibile. Dovrò ritornare a Venezia tra pochi giorni e non saprei come fare a recuperare la vettura se dovessi lasciarla qui…”, disse Luciani. A una sorella disse anche: “Per fortuna io sono fuori pericolo”.
La scelta del nome
Per la prima volta nella bimillenaria storia della Chiesa, Luciani scelse un doppio nome, in ossequio ai due pontefici che lo avevano preceduto: Giovanni XXIII, che lo aveva consacrato vescovo, e Paolo VI, che lo aveva creato cardinale. Annunciando l’elezione col tradizionale Habemus Papam, il cardinale protodiacono Pericle Feliciaggiunse il numero ordinale dopo il nome: «qui sibi nomen imposuit Ioannis Pauli Primi».
Fu lo stesso Luciani a richiederlo, infatti è uso che il pontefice che scelga un nome pontificale mai usato da un suo predecessore non assuma l’ordinale, che gli viene attribuito postumo solo nel caso in cui un suo successore scelga lo stesso nome. Luciani, invece, per tutto il suo breve pontificato, fu sempre chiamato Giovanni Paolo I o Giovanpaolo I (caduto in disuso subito dopo la sua morte), ma mai solo Giovanni Paolo, a differenza di quanto accaduto col nome pontificale del successivo papa Francesco, al quale non è stato aggiunto ufficialmente alcun numero ordinale (lo stesso papa italo-argentino precisò che voleva essere chiamato solo “Francesco” e non “Francesco I”).
È possibile che alla scelta di aggiungere il numerale fosse legata la novità che, benché il nome in sé fosse inedito, si trattava comunque di un nome costituito dall’unione del nome dei due predecessori, e quindi il numerale I volesse proprio sottolineare la novità nella continuità, all’insegna dei due predecessori che avevano condotto il Concilio. All’indomani dell’elezione, Luciani avrebbe confidato al fratello Edoardo che il suo primo pensiero era stato di farsi chiamare Pio XIII, ma aveva desistito pensando ai settori della Chiesa che avrebbero strumentalizzato questa scelta. Subito dopo pensò a “Giampaolo I” per i motivi suddetti ma i cardinali lo convinsero che “Giampaolo” suonasse troppo familiare e fosse meglio “Giovanni Paolo” (poi, in sèguito, da alcuni media italiani contratto in “Giovanpaolo”).
Giovanni Paolo fu il primo nome inedito (anche se costituito da due nomi già usati) scelto da un pontefice dai tempi di papa Lando (morto nel 914). Da allora, per oltre mille anni, tutti i papi si erano dati o comunque ebbero nomi già appartenuti a un loro predecessore. Anche il successore, Karol Wojtyła, aveva inizialmente pensato a Stanislao, patrono della Polonia, ma avrebbe poi scelto Giovanni Paolo II in memoria di Luciani. La novità sul nome pontificale introdotta da Luciani viene ripetuta nel 2013 dal cardinale gesuita italo-argentino Jorge Mario Bergoglio che sceglie un nome completamente inedito nella storia dei Papi, “Francesco”.
Le innovazioni introdotte da Luciani
Fu il primo pontefice a desiderare di parlare alla folla dopo l’elezione ma, poiché non era consuetudine, preferì rinunciare. Fu il primo anche ad abbandonare il tradizionale pluralis maiestatis nei suoi discorsi, rivolgendosi in prima persona singolare ai fedeli, nonostante zelanti custodi del protocollo preferirono conformarsi alla tradizione riconvertendo i suoi discorsi per la pubblicazione su L’Osservatore Romano e in altri atti ufficiali, nei quali sono mancanti anche varie espressioni estemporanee e informali usate da Luciani.
Il suo ministero iniziò il 3 settembre con una messa celebrata nella piazza antistante la basilica. Per la prima volta dopo molti secoli il papa non sarebbe stato incoronato: Luciani fece infatti sostituire la tradizionale cerimonia di incoronazione con una “solenne cerimonia per l’inizio del ministero petrino”, nel corso della quale, in luogo dell’imposizione sul capo della tiara (che con il suo pontificato cadde in disuso), gli fu imposto sulle spalle il pallio. Inizialmente non volle nemmeno usare la sedia gestatoria, salvo poi cedere per ragioni pratiche: essendo alta rispetto al terreno, la sedia gestatoria consentiva ai fedeli di godere di una migliore visibilità del papa.
Parlò di sé in termini umani e non ebbe remore nell’ammettere la timidezza del suo carattere, ricordando pubblicamente il momento in cui, ancora patriarca di Venezia, Paolo VI gli aveva messo sulle spalle la stola papale facendolo diventare “rosso per la vergogna”, nonché la paura che lo colse quando si rese conto di essere stato eletto papa: “Tempestas magna est super me“. Inoltre espresse pubblicamente una sensazione di inadeguatezza al ruolo.
Il suo pensiero, il suo stile
«Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri.»
(Preghiera particolare di papa Giovanni Paolo I)
Colto teologo, aveva mostrato una certa apertura possibilista verso la contraccezione, anche preparando uno studio che nel 1965 sottopose a Paolo VI. Dal 1968 tuttavia fu considerato per certi versi un conservatore, pubblico difensore dell’Humanae Vitae, che si apprestava a ratificare con una sua enciclica che mai vide la luce. D’altro canto, però, in una lettera ai suoi diocesiani all’indomani della promulgazione dell’Humanae Vitae, scrisse: «Confesso che […] privatamente avevo sperato che le gravissime difficoltà che esistono sarebbero state superate e che la risposta del Maestro, che parla con uno speciale carisma e nel nome del Signore, avesse coinciso, almeno in parte, con le speranze delle molte coppie sposate dopo che era stata costituita un’apposita Commissione pontificia per esaminare la questione».
Una certa morbidezza nei confronti della questione degli anticoncezionali e della contraccezione la mostrò anche da pontefice: un segno di apertura per l’argomento dopo un convegno delle Nazioni Unite sul tema della sovrappopolazione, fu oggetto di censura da parte dell’Osservatore Romano, che non pubblicò i commenti papali. Già dai tempi del Concilio Vaticano II (al quale partecipò come membro della commissione allargata sui problemi della famiglia e del controllo delle nascite), infatti, Luciani aveva mostrato idee piuttosto progressiste, parlando di “maternità responsabile” e appoggiando a determinate condizioni l’uso degli anticoncezionali.
Giovanni Paolo I, inoltre (come si capisce dal titolo dell’enciclica che avrebbe voluto scrivere: “I poveri e la povertà nel mondo“), si dimostrò molto sensibile al tema della povertà del Sud del mondo, sottolineando l’inutile opulenza del mondo occidentale. Parlò anche della questione sociale, dell’importanza di dare “la giusta mercede” ai lavoratori. Le sue uniche quattro udienze generali hanno tutte riunite un messaggio di senso compiuto. La prima dedicata all’umiltà dove il Papa chiama a sé un ministrante per far capire il senso dell’umiltà. La seconda è dedicata alla fede e in quella speciale occasione Giovanni Paolo I recita una poesia di Trilussa. La terza è dedicata alla speranza. Il Papa parla della iucunditas e cita San Tommaso d’Aquino. Nella quarta ed ultima udienza generale, un giorno prima della morte, il Papa parla della carità, cita alcuni passaggi della Populorum progressio (l’enciclica di Paolo VI) e, dicendo anche del progresso divino, invita a dare un aiuto al Papa, Daniele Bravo, un bambino frequentante la quinta elementare. All’inizio di quest’ultima udienza, tra la folla, qualcuno gli augura lunga vita.
“Dio è papà, più ancora è madre”
Durante l’Angelus della settimana successiva, il 10 settembre 1978, Giovanni Paolo I disse:
«Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: (Dio) è papà, più ancora è madre»
Questa frase è una citazione di un passo dell’Antico Testamento, nonché semplice interpretazione di alcuni passi del Vangelo. Il concetto fu ribadito più volte anche dal suo successore Giovanni Paolo II, per esempio nell’udienza di mercoledì 20 gennaio 1999.
Nell’anno 2012 (centenario della sua nascita) sia la Repubblica Italiana che lo Stato della Città del Vaticano per ricordarlo emisero un francobollo a lui dedicato:
- Quello vaticano è formato da un foglietto di quattro francobolli con Luciani seduto e benedicente. Sul lato sinistro del foglietto è stata riportata la famosa frase che provocò grande confusione all’interno della Chiesa cattolica: Dio è papà, più ancora è madre. In più fu coniata una moneta celebrativa da cinque euro sempre a lui dedicata.
- Quello italiano è un francobollo singolo (autoadesivo) raffigurante papa Luciani benedicente dal Palazzo Apostolico e sul lato destro la cupola della Basilica Vaticana.